Due parole sul blog

Se pensate che qui si parli di Fate, Elfi e Creature simili, beh, avete ragione.
Quasi.
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Su, su, guardate, guardate...

giovedì 24 luglio 2014

Frammenti: "Come Polvere Nel Deserto" p.:1

Come Polvere Nel Deserto


 

 

 

Mentre venivo trascinata dalla furia assatanata del famelico canide, le passai proprio di fianco e mi resi conto che poteva avere almeno trent'anni, come quaranta, o perfino cinquanta... mi ricordava, in modo preoccupante, una Creatura incantata, una di quelle esistenti solo nelle favole, fuori dal tempo e dallo spazio, che dimostrano vent’anni, ma forse ne hanno duemila.

La sbirciavo, basita, quando uno strattone che quasi mi gettò a terra mi riportò alla realtà proprio di fronte al bancone. Presi un panino per me, giusto per non approfittare troppo, e Grigno ottenne due salsicce calde, tutte per lui.

Non c'erano altre panchine libere, così mi avvicinai a quella occupata dalla donna, che ci osservava divertita, e feci il gesto di sedermi al capo opposto: «Posso?» Lei annuì, guardando Grigno con simpatia.
Lui divorò le salsicce, ma continuava a tenere gli occhi sulla donna: «Non tentare di fare l'invadente con la signorina, pozzo senza fondo!» sibilai tra i denti.
Non mi sentì nemmeno, inghiottì rumorosamente l’ultimo boccone, quindi si lasciò cadere ai piedi della poveretta. «Grigno!» lo rimproverai.
Lei rise.

Una risata strana, morbida e vellutata, che pareva arrivare da lontano, come portata da un vento inesistente, in quel giorno di giugno.
Scrollai la testa cercando di mantenere il senso della realtà, ma quell'istante, quel breve istante in cui la donna aveva riso, mi aveva scossa fin sotto le suole.
Per un secondo avevo avuto la visione di un grande fiume, di palme cullate dalla brezza, dune rosate nel sole nascente e, in tutto questo, la sua risata arrivava come il vento nel quale ondeggiavano i palmizi, avvolta dal profumo di gelsomino.
Un attimo. E la realtà era cambiata.

******
«Parigi! Ci sono nata, sai?» Oh, altra coincidenza!
«Davvero?» domandai, forse eccessivamente stupita.

«Oh sì, mio padre lavorava presso il Louvre come antropologo. Si occupava dei reperti provenienti da popoli arcaici, indigeni, sai, come Siberiani, Australiani e Nordamericani e anche di alcuni del centro Africa. In particolare era affascinato dai Dogon, molto prima che la loro storia fosse nota al grande pubblico.»
«Fooorte!» esclamai.
«Mia madre, invece, insegnava tedesco alle superiori ed era più teutonica di una tedesca d'annata. A volte mi chiedo cosa davvero unisse due persone così diverse: lui sognatore, quasi sempre scollegato dalla realtà quotidiana, molto più a suo agio in una sorta di “Tempo di Sogno” personale, lei così pragmatica. Eppure sicuramente si amavano e ancor più certamente si rispettavano.
Nella loro vita hanno litigato rare volte, dimenticando i dissapori nel volgere di pochi momenti. Lei era la sua àncora al mondo fenomenico, sosteneva lui, e lui era la sua porta sull'Oltre. Se ne sono andati tenendosi per mano, superando insieme una soglia cui lui era certo ben più preparato di lei e, per una volta, il più forte.»
***************

«Dovresti provare a usare delle basse frequenze in una gabbia a piramide di cristalli di quarzo e vedere cosa succede. Emissioni sonore particolari potrebbero avere effetti molto singolari, usate con cautela, naturalmente.»
Ehi, questo sì era interessante!
«E che effetti si possono produrre?» esclamai. «Dipende dalle frequenze che usi e da come le fai risuonare con le tue pietre» rispose: «L'ideale sarebbe provare diversi suoni e diverse disposizioni.»
Estrasse dalla borsa un notes e prese a schizzare schemi con appunti a bordo pagina tanto rapidamente che non riuscivo a starle dietro, quindi mi affibbiò una dozzina di fogli che mi fecero pensare a una via di mezzo tra i codici di Leonardo e gli studi di Tesla. Avevo l'acquolina in bocca, ma dubitavo di riuscire a capirci qualcosa.

«Wow, grazie! Non so cosa riuscirò a cavarne fuori, ma... sembra fantastico! Queste cose le hai studiate quando vivevi in Egitto?»
Lei mi guardò, sorpresa: «Studiate? Oh, io... immagino di no, veramente. Mi sono venute in mente adesso, dai tuoi discorsi».
Ecco.
«E suppongo che non siano mai state studiate da nessuno, almeno in questi termini, eh?» indagai.
«Non che io sappia, anzi, ti suggerirei di non mostrarli in giro, quelli. E di tenere per te i tuoi progressi. Ho scoperto che gli avvoltoi abbondano!» mi confidò, spalancando gli occhi in un'espressione innocente, che le faceva dimostrare non più di vent'anni, benché, da come parlava e dalle esperienze che aveva, dovessero essere come minimo il doppio.

Ci salutammo quando Grigno emise un sonoro sbadiglio, un paio d'ore dopo. Non ci promettemmo di rivederci, né ci scambiammo indirizzi o numeri di telefono, ma io sapevo che l'indomani l'avrei trovata ad aspettarmi. Sicuramente non ero io la persona che pareva attendere dall'alba dell'Universo ma, almeno, io sarei arrivata!
Fosse pure cascato il mondo, io sarei arrivata!  



(...continua link p.: 2)

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